Le canzoni del ritiro

Note di sala

All’inizio del periodo che siamo stati invitati a vivere dalla fine dell’inverno scorso, ho iniziato prima di tutto a utilizzare per questo tempo sospeso nomi più evocativi, rifiutandomi persino di nominare il suo fattore scatenante col nome e il cognome di cui era invaso l’etere; l’ho battezzato romanticvirus negli hashtag e ho chiamato questi mesi ritiro. Credendo che si sarebbe dissolto a breve, ho iniziato come tanti ad approfondire le pulizie di casa e a trafficare in cucina creando nuovi piatti vegani sperimentali; ho quindi lavorato compulsivamente presine, uccellini e cuoricini all’uncinetto. Infine ho aperto uno dei miei polverosi cassetti delle idee.

Prima che la didattica a distanza, attivata nel frattempo dalla Scuola Civica di Musica di Cagliari, nella quale insegno, prosciugasse gran parte delle mie energie, ho sfogliato gli appunti dei progetti accantonati: poesie in progress e nuove canzoni che mi piacciono e che metto da parte per quando avrò tempo, cioè mai. Complice la richiesta di due recital virtuali da parte di due affezionate associazioni, Il crogiuolo e l’Associazione per Antonio Gramsci di Ghilarza, ho cominciato a studiare alcune di queste canzoni. Poi sono andata oltre, confortata, anche musicalmente, da una inaspettata quanto dolce presenza in quello che stava diventando paradossalmente un buen retiro. Così è nato questo recital che adesso posso affidare, per gli arrangiamenti, alle mani meravigliose di due musicisti con cui adoro lavorare da anni.

Non ho pensato di legare questi canti con un filo tematico, come normalmente succede quando creo la struttura di un recital, eppure nel momento in cui li ho riordinati sul copione, spontaneamente ha preso vita una trama congrua, anche se fino ad allora sembrava li tenesse uniti solo il fatto di aver abitato lo stesso polveroso cassetto dei sogni, ognuno con la sua storia, intrecciata casualmente alla mia. Alcuni, li eseguo in pubblico per la prima volta nonostante li abbia cantati a squarciagola nelle situazioni consone.

Mentre li studiavo, ripassavo la lezione calviniana: sempre, bisogna trovare nell’inferno ciò che inferno non è e onorarlo. Non era inferno il silenzio, la tregua, il tempo moltiplicato per la meditazione, il tempo per parlarsi e scavarsi e conoscersi in profondità; non era inferno neppure il dolore dolce della nostalgia, dell’assenza. Non era inferno, non lo è mai, il tempo per un nuovo canto. G. V.